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BAS&CO: una pizzeria da incanto 768 1024 Molise Eccellenze

BAS&CO: una pizzeria da incanto

“Sannio! Terra d’incanto”. È questo il motto della pizzeria BAS&CO a Pesche (IS), che da più di dieci anni porta a tavola gli antichi sapori della tradizione culinaria del Sannio.

“La nostra azienda -racconta Biagio, uno dei proprietari- nasce nel 2010 per volere mio e di mia moglie Dora, da sempre innamorati del nostro territorio e con il sogno di aprire un’attività incentrata su tutto quello che viene prodotto nel Sannio in modo artigianale e rigorosamente a km 0. I primi anni, io mi occupavo del lato pizzeria; invece, mia moglie della preparazione artigianale dei fritti in cucina”.

E così, Igor e Dora, tra una frittatina di pasta e una pizza a lunga lievitazione, hanno conquistato sempre più clienti, riuscendo a trasmettere la loro passione anche ai più piccoli della famiglia. “Oltre a Carmen, Davide, Salvatore, Giuseppe e Mary che, con diversi ruoli, ci aiutano in pizzeria, nell’attività lavorano anche i nostri tre figli. Igor ha dimostrato da subito l’interesse per il comparto pizzeria, fino a diventare oggi la punta di diamante dell’attività. Lui, infatti, oltre ad essere primo pizzaiolo, si occupa del marketing aziendale e della gestione del personale di sala. Giannicola, invece, il nostro ultimo figlio, oltre ad aiutare Igor, si dedica alla realizzazione delle pizze senza glutine. Poi, ci sono Irene ed Ilenia che si occupano, rispettivamente, della gestione dei clienti in sala e della pasticceria. Ilenia è entrata nel gruppo da circa due mesi, dopo aver concluso gli studi in una scuola di pasticceria ed aver lavorato in Francia presso ristoranti e pasticcerie”.

Dunque, un grande team legato dall’amore verso il proprio lavoro e lo studio dei dettagli, che nel tempo ha conquistato sempre più clienti.

“Grazie alla nostra attenzione verso i prodotti del Sannio, nel corso del tempo la clientela è cresciuta e continua a crescere. Siamo, infatti, alla costante ricerca di prodotti locali per offrire ai nostri clienti sempre nuovi sapori e stimoli. Questo impegno viene ripagato dalle persone che tornano da noi e consigliano la nostra pizzeria”.

Ad attirare l’attenzione dei clienti, soprattutto l’utilizzo di farine rigorosamente made in Molise.

“Attingiamo tutte le nostre materie prime dal Molise, a cominciare dalle farine. Parliamo di grani antichi come solina, saragolla, risciola, romanella, farro e marzuolo che, con l’aggiunta di acqua, lievito madre, sale, olio ed una maturazione mai inferiore alle 120 ore, danno origine ai nostri impasti integrali, sapidi, fragranti e leggeri”.

Un’attenzione che, accompagnata a quella per le farciture e i condimenti, rendono sicuramente Bas&Co una tappa imperdibile per gli amanti della vera pizza.

Per saperne di più: BAS&CO

Il 1° maggio in Molise 683 1024 Molise Eccellenze

Il 1° maggio in Molise

Fiori, colori, odori. Raggi tiepidi, cielo limpido, clima sereno. Le passeggiate, il sapore del gelato, l’attesa dell’estate. A volte, arriva in fretta; a volte, si fa attendere; a volte, esplode e, poi, fa un passo indietro. La primavera è così: un arcobaleno infinito, che merita di essere festeggiato. E, infatti, sono numerosi in tutto il mondo (anche in Molise) i riti per celebrare il momento dell’anno dedicato alla rinascita della natura. Tra queste, la Festa del Maja di Acquaviva Collecroce (CB) e la Pagliara Maje Maje di Fossalto (CB).

La Festa del Maja

Nel borgo di circa 600 anime, dalle ore 9.00 del 1° maggio, la popolazione celebra la primavera con il Maj: una struttura a cono con caratteri antropomorfi, ricoperta di fiori di campo ed erbe.

A trasportala, per le strade del paese, un uomo infilato al suo interno, che viene seguito da una folla festosa. La tradizione può vantare un’origine molto antica e un’autentica discendenza slava. Il Maj, infatti, è presente in gran parte delle popolazioni slave con il nome di Zeleni Juraj (Verde Giorgio). Ad accreditare questa tesi, la storia del borgo dove, tra il XV e XVI secolo, si insediarono delle popolazioni slave in fuga dal predominio turco, che andava estendendosi nei Balcani. In conseguenza di ciò, inoltre, il paese è diventato a minoranza linguistica croata, il cui idioma parlato è lo Stocavo – Icavo, che veniva utilizzato 5 secoli fa in alcune zone della costa Croata. Accompagnando il Maj tra le vie del borgo antico, è possibile immergersi in un’atmosfera del tutto particolare, dominata dalla magia cavalleresca del medioevo.

Pagliara Maje Maje

La Pagliara Maje Maje è una struttura in rete metallica a forma di cono, adornata con erbe e fiori, colti da alcuni volontari il pomeriggio del 30 aprile. Ad animarla è un portatore che, accompagnato da suoni e canti popolari, attraversa le strade del paese, dove dai balconi o dalle finestre vengono versati dei getti d’acqua: un gesto per augurare abbondanti piogge e, dunque, raccolti generosi. Ecco, se non avete mai visitato Fossalto, il giorno più adatto è proprio quello del 1° maggio, quando il profumo dei lillà e le fresche foglie di olmo inebriano tutto il paese, creando una dolce magia. Sarebbe un’ottima occasione anche per assaporare la Lessima, una zuppa di legumi e cerali tipica molisana e in particolar modo di Fossalto, offerta ai turisti dopo che la Pagliara ha terminato il suo percorso.

Credit foto: turismoinmolise
Raccontare il Molise: la missione di Masseria Monte Pizzi 1024 575 Molise Eccellenze

Raccontare il Molise: la missione di Masseria Monte Pizzi

Sulla cima delle montagne dell’Alto Molise, a ben 1050 metri sul livello del mare, sorge Masseria Monte Pizzi. Una dimora rustica che, in linea con la normativa regionale per il turismo rurale, mantiene come fulcro la struttura originaria in pietra costruita nel XIX secolo. Il tradizionale muro in pietra, infatti, è senza dubbio il protagonista di un ambiente dotato di ogni confort, nonostante l’antica origine. Una volta abitazione della famiglia Falasca, tutt’ora proprietaria, l’edificio diventa una struttura ricettiva nel 2008, dimora ideale per ospitare cerimonie di vario tipo: dai banchetti per battesimi, comunioni e cresime alle feste di fidanzamento, fino al matrimonio di una coppia proveniente dagli Stati Uniti e innamorata dell’Alto Molise.

Una location il cui punto di forza è, sicuramente, lo stretto contatto con la natura: l’area circostante alla struttura, infatti, è prossima alla cosiddetta “buffer zone” della riserva MaB patrimonio Unesco di Montedimezzo ed al Sentiero Italia CAI, di recente oggetto di diverse operazioni di promozione turistica in ambito escursionistico. Il panorama di cui gli ospiti possono godere dalla struttura spazia dall’Alto Molise fino alle Mainarde e alla Montagnola Molisana, motivo per cui la masseria rappresenta una destinazione molto apprezzata soprattutto in primavera inoltrata e in autunno, quando il vasto giardino è al pieno del suo rigoglio. “La filosofia applicata nella gestione della struttura è stata in grado di trasformare una debolezza, cioè la posizione ultraperiferica, in uno dei motivi della scelta”. Tra le altre cose, infatti, l’ambiente incontaminato in cui sorge la struttura, la rende particolarmente gradita agli astrofili, visto lo scarso inquinamento luminoso in tutti i periodi dell’anno.

Gli arredi rispecchiano lo stile rurale, ma con una spiccata attenzione per i particolari; in più, le attività di costante miglioramento porteranno, già nella prossima stagione estiva, ad ulteriori servizi dedicati al wellness, che permetteranno di apprezzare ancora di più l’assenza di costruzioni intorno.

Una dedizione che, fin dalla sua apertura nel 2008, ha posto al centro il territorio e le filiere: “Ci siamo chiesti tante volte come avremmo potuto raccontare la nostra terra e abbiamo deciso di farlo attraverso le persone che, a nostro parere, la rendono speciale”. Negli anni, infatti, la Masseria ha affiancato alla tradizionale attività ricettiva turistica ed enogastronomica, quella di una promozione che sfrutta un rapporto di collaborazione quotidiano con ottimi artigiani, cercando piccole produzioni da offrire agli ospiti, sia a colazione che a pranzo e cena. Inoltre, numerosi sono gli eventi tematici aperti agli ospiti delle camere e agli esterni, quali presentazioni bibliografiche, escursioni, cooking class per ospiti dall’Italia e dall’estero, seminari sulla raccolta di erbe spontanee tipiche d’Appennino, tour a cavallo in collaborazione con centri equestri ed escursioni in mountain bike ed e-bike.

A coronare il tutto, l’attenzione minuziosa ai prodotti dell’enogastronomia locale, tra cui formaggi freschi e stagionati provenienti dai caseifici di Carovilli e pecorini di montagna, ma anche tartufi e carni locali; molto apprezzato è l’arrosto d’agnello, ma anche i primi a base di tartufo e funghi, preparati con la pasta rigorosamente fresca della tradizione molisana, così come l’uso del “quinto quarto” animale e dei legumi.

I vini in cantina, nonché la birra, sono rigorosamente molisani e spaziano dai metodi ancestrali fino ai vitigni autoctoni: Nadia Falasca, responsabile amministrativa e di sala, vanta il titolo di Sommelier qualificato con diploma AIS (Associazione Italiana Sommelier). Ma i riconoscimenti non finiscono qua: la struttura è stata tra i finalisti dell’Hospitality Social Awards in due edizioni consecutive, mentre la titolare, Maria Mercede Capeci, ha ricevuto l’attestato di eccellenza come “imprenditrice dell’anno” dalla Camera di Commercio Molise nel 2016. E, come se non bastasse, la Masseria ha ricevuto il premio “Best Traveler Choice” di Tripadvisor per due anni consecutivi, 2020 e 2021, con un rating pari a 9.5 per la piattaforma di Booking per il 2020.

Insomma, la struttura adatta per una vacanza di tutto relax, scaldata da un’accoglienza genuina e cordiale.

Per saperne di più: Masseria Monte Pizzi

Agriturismo La Ginestra: a tavola con le ricette dei nonni 1024 683 Molise Eccellenze

Agriturismo La Ginestra: a tavola con le ricette dei nonni

La storia dell’agriturismo “La Ginestra” ha inizio nel dicembre del 1999, quando la titolare, la signora Maria, intravide nell’azienda agricola di famiglia e nella sua bravura in cucina la ricetta vincente per un ristorantino immerso tra le ginestre tipiche delle Colline di Cercemaggiore (CB).

“Per i primi sei anni abbiamo fatto solo ristorazione, riscuotendo ottimi risultati fin da subito. La cucina a vista e un grosso camino sono le prime cose che colpiscono l’attenzione del cliente appena entra nella sala ristoro. Il nostro punto di forza sono i prodotti a centimetri zero, che rispettano la stagionalità e le tradizioni tramandate con amore e passione dai nonni. Una sintesi perfetta dell’autenticità della gastronomia contadina molisana”.

Ma tra tanta genuinità, sicuramente, regina indiscussa del menù è la zolletta, un particolare infuso composto da cinque tipi di erbe messe a macerare per giorni nell’alcol puro. “Papà venne a conoscenza della zolletta a Palmanova, durante il periodo militare, nel lontano 1967. Siccome non aveva preso bene la vita militare, ogni tanto veniva punito e designato alle guardie di confine. Lì notò che i soldati stranieri, per combattere il freddo, si distribuivano tra di loro queste “zollette” alle erbe. E, dopo tante peripezie, papà riuscì a farsi dare la ricetta. Quando tornò a Cercemaggiore e si fidanzò con mamma le promise che un giorno avrebbero aperto un localino immerso nelle ginestre e che, alla fine dei pasti, avrebbero distribuito le zollette digestive”.

Così, anno dopo anno, la famiglia Rosa ha conquistato sempre più clienti di ogni provenienza, impegnandosi ad ampliare la propria offerta.

“Per espandersi fuori dei confini regionali e italiani è necessario investire sulla struttura. Così, nel 2007, è nata “L’Oasi della Ginestra”, che ad oggi conta nove camere tutte dotate di ogni comfort e servizi”.

Un ricco percorso che ha condotto La Ginestra non solo a rappresentare il Molise in una puntata speciale di “Geo & Geo”, ma anche ad essere tra i protagonisti della trasmissione “I 4 Ristoranti”, condotta dal rinomato chef Alessandro Borghese. “Per l’occasione abbiamo coniato un nuovo termine per descrivere la sala di stagionatura dei salumi. Si tratta della sala dei lampadari, diventata un luogo fisso da visitare per i clienti dell’agriturismo. Abbiamo ottenuto un ottimo risultato, arrivando secondi con un solo punto di distanza dal primo posto. Dopo la messa in onda della puntata si è scatenato l’inferno! Siamo stati letteralmente presi d’assalto persino nei giorni feriali. La partecipazione a “Geo & Geo” è arrivata l’anno seguente e la sua diretta sulla pagina Facebook dell’agriturismo ha raggiunto quasi 10.000 likes. A Roma mio padre non poteva non portare la zolletta digestiva che ha colpito anche la presentatrice Eva Sagramola.”

Ma, per La Ginestra, i traguardi non si sono esauriti sul piccolo schermo, come testimonia il titolo di Agrichef ricevuto dalla signora Maria: una nuova figura professionale che contraddistingue la gestione dei migliori agriturismi italiani aderenti all’associazione Confederazione itailana degli agricoltori.

Da più di dieci anni, inoltre, l’azienda detiene il Marchio di Ospitalità italiana indetto dalla Camera di Commercio e, nel 2015, ha ottenuto la Bandiera Verde Agricoltura, riconoscimento attraverso il quale si premiano le aziende agricole che si sono particolarmente distinte nelle politiche di tutela dell’ambiente e del paesaggio.

Un impegno instancabile che si manifesta anche nella volontà di promuovere e valorizzare i prodotti tipici del territorio non solo attraverso l’attività, ma anche attraverso corsi di cucina contadina molisana che coinvolgono anche clientela dall’estero. Inoltre, dal 2018, Pino, il figlio della signora Maria, è presidente dell’associazione Turismo Verde Molise, che si occupa principalmente della promozione delle aziende agrituristiche molisane e dei prodotti enogastronomici.

Per saperne di più: La Ginestra

La Pasqua dei molisani 1024 513 Molise Eccellenze

La Pasqua dei molisani

Non solo colombe e uova di cioccolato a volontà, ma anche tradizioni ancorate nei cuori e radicate nelle anime dei molisani; alcune, delle vere e proprie rappresentazioni scenografiche, che richiamano spettatori da ogni parte d’Italia, credenti e non. Si tratta, spesso, di rituali antichissimi che affondano le radici nel Medioevo se non, addirittura, nei lontani culti pagani; il tutto a rendere la Settimana Santa molisana un emozionante evento da non perdere. Andiamo a scoprirne qualcuna.

La processione del Venerdì Santo a Campobasso

Solenne, forte, struggente. La processione del Venerdì Santo è l’evento religioso che commuove più di ogni altro i campobassani, soprattutto grazie alla sensazionale potenza della musica: è proprio questa, infatti, la nota distintiva del corteo campobassano, vale a dire la presenza di un coro in nero composto da circa settecento elementi, uomini e donne: tenori, baritoni, soprani e contralti che realizzano un’unica voce, calda, vigorosa, il tutto accompagnato dalla banda, con il forte impatto degli strumenti a percussione, in grado di paralizzare orecchie e cuori di ogni spettatore. Ad essere intonato è il “Teco Vorrei, o Signore”, un vero e proprio inno, al cui ascolto te siente stregne ngann ra lu chiant (ti senti stringere in gola dal pianto), come diceva Nina Guerrizio, poetessa campobassana. E questo sottofondo accompagna la statua dell’Addolorata, che segue quella del Cristo morto, mentre il corteo si snoda prima nel centro storico e poi nella parte moderna della città. Uno dei momenti più suggestivi è, sicuramente, la sosta al carcere: al calar della sera, un detenuto recita una toccante preghiera al cospetto di Gesù morto e della Madre piangente. Infine la processione si scioglie con le due statue che fanno rientro nella loro casa, la Chiesa di Santa Maria della Croce, dove vengono custodite per tutto l’anno.

Gli Incappucciati: il Venerdì Santo a Isernia

Lugubre e affascinante, la processione del Venerdì Santo di Isernia è capace di creare la magia di un vero e proprio scenario medievale, attraverso la presenza degli Incappucciati, caratteristica principale della processione: si tratta di fedeli a capo coperto che trasportano le statue della Mater Dolorosa e del Cristo Morto, insieme ai busti degli Ecce Homo, le Croci Calvario e le Croci della Via Crucis. Il cappuccio, che copre rigorosamente tutto il volto, lasciando soltanto gli occhi al di fuori, serve a tenere segreta l’identità di chi compie quello che rappresenta un vero e proprio atto penitenziale; l’unico segno di riconoscimento è la mozzetta, una mantellina che va sulla tunica, e che ha un colore diverso per ogni confraternita della città, di cui i penitenti fanno parte; a suggello del cammino di espiazione, infatti, una corona di spine a cingere il capo dei figuranti e molti che lo percorrono a piedi nudi). Il tutto in un’atmosfera suggestiva e rigorosamente notturna, avvolta in un silenzio spezzato soltanto dai canti funebri intonati dai fedeli, che seguono l’intero percorso recitando preghiere ed invocazioni sacre.

La Pupatta della Quaresima

Il bello delle tradizioni sta proprio nel loro rinnovarsi ininterrotto di generazione in generazione, anche soltanto attraverso il ricordo. Quella della Pupatta della Quaresima è la storia di un’usanza ormai portata avanti da qualche anziano, in ricordo di tempi antichi e frugali, quando tra persone è tradizioni c’era ancora un legame carnale. Fino a qualche tempo fa in Molise si usava allestire la Pupatta della Quaresima, vale a dire l’abbozzo di una vecchietta vestita con un panno nero che, alla base della gonna, portava appesi in cerchio tutti gli alimenti consentiti durante il periodo quaresimale: pannocchie, aringhe, aglio, pasta, baccalà, ovviamente da cuocersi nella maniera più semplice possibile. Vi era anche una patata o una cipolla a cui venivano conficcate sette penne di gallina, corrispondenti alle sei domeniche di quaresima e al Sabato Santo, giorno di interruzione del digiuno tradizionale; ognuna di queste penne di sfilava il venerdì dopo le funzioni religiose: ed è così che la pupatta assumeva la funzione di calendario. L’ultima penna veniva tolta il Sabato Santo, a mezzogiorno, quando le campane annunciavano la resurrezione. Nelle mani della vecchietta, un fuso e una cannocchia, simbolo della pazienza, ma anche del tempo che passa. La pupatta veniva solitamente appesa al camino, specialmente negli ambienti più popolari e di campagna, dove si faceva colazione spesso strofinando il pane all’aringa penzolante dalla pupotta. Oggi l’aringa viene appesa ai balconi, specie da chi non possiede un caminetto.

Alla scoperta de La Piana dei Mulini 1024 485 Molise Eccellenze

Alla scoperta de La Piana dei Mulini

Lo splendido scenario naturalistico, il rustico fascino delle architetture in pietra immerse nella rigogliosità del parco della valle del Biferno, la premura per i particolari e la cura per l’ospite: questo e tanto altro rendono La Piana dei Mulini un luogo ricercato ed ideale per piccoli e grandi eventi, celebrazioni, matrimoni e riti civili che si affiancano all’attività alberghiera e ristorativa.

Sorge sul fiume più lungo del Molise un mulino intorno al quale, pietra dopo pietra, a partire dal lontano Settecento, si sono affiancati altri edifici volti alla lavorazione della lana delle greggi che percorrevano gli antichi sentieri locali della transumanza. Caduta in disuso tale pratica, motore economico della regione fino alla metà dell’Ottocento, parte del complesso venne trasformato in una centrale idroelettrica che forniva energia ai comuni limitrofi di Colle d’Anchise e Baranello. Una catena di montaggio ininterrotta fino agli anni ’60, quando la centrale fu dismessa e il complesso abbandonato. Ed è da queste radici che nel 2000 il comune di Colle d’Anchise e la Regione Molise hanno riqualificato la selva impenetrabile e le rovine degli antichi edifici, trasformando l’antica borgata in un magnifico parco, custode di specie rare e ricco di flora e fauna locale. Per le sue specificità naturali, infatti, il parco è stato dichiarato Sito di Interesse Comunitario (SIC), tant’è vero che è stata recentemente riscontrata, addirittura, la presenza della lontra, un animale molto sensibile all’inquinamento e alla presenza umana e, quindi, segno di una incontaminata purezza dell’ambiente fluviale.

Oggi, La Piana dei Mulini racconta la storia della rinascita di uno dei più grandi e importanti opifici preindustriali dell’intera Regione Molise, un simbolo di resilienza storica e multifunzionalità, attraverso cui si continua ad offrire un viaggio nelle tradizioni enogastronomiche molisane. Ogni ingrediente ha una storia da raccontare e ogni piatto segue il ciclo delle stagioni, senza mai tralasciare l’identità territoriale molisana: ancora oggi, pizza e minestra, il più tradizionale dei piatti molisani, è preparato seguendo l’antica ricetta, raccontando la sua storia ai clienti. Ma non solo: i formaggi della transumanza, i salumi delle tradizioni, frutta e verdura di stagione, l’olio extravergine degli oliveti secolari, il vino Tintilia, la pasta fresca preparata in cucina con le farine macinate a pietra e il tartufo pregiato della valle del Biferno.

Un’offerta molto appetibile per chi desidera conoscere il Molise oppure per chi vuole tornare a respirare le sue antiche tradizioni, arrivando anche a toccarle con mano attraverso i diversi workshop di cucina locale e tradizionale organizzati per gruppi di turisti nazionali e internazionali, al fine di divulgare la cultura enogastronomica regionale.

L’idea di offrire ai turisti un soggiorno non convenzionale, legato ai tempi e agli stili di vita locali, è stata il motore propulsore grazie a cui ha preso vita nel 2022 l’albergo diffuso, una formula alberghiera che valorizza il territorio, recupera gli antichi edifici, tutela il paesaggio e che rappresenta uno dei nuovi trend del turismo. Tuttavia, La Piana dei Mulini è un albergo diffuso “speciale” e unico nel suo genere (socio dal 2015 dell’Associazione nazionale Alberghi Diffusi), definito “di campagna”, nonché l’unico in Italia, perché non è situato all’interno di un borgo, come normalmente avviene per aziende di questo tipo, ma recupera l’agglomerato rurale intorno allo storico mulino. Tra l’altro, essendo ancora visibili le antiche tracce del mulino e della centrale storica, alcuni ambienti del sito sono tutelati dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali in qualità di bene storico e sono adibiti a spazi museali, grazie anche alla presenza di un mulino con macine a pietra ricostruito per scopi didattici all’interno degli spazi storici del mulino settecentesco.

Un gioiello verde tutto da scoprire, immerso nel cuore del Molise e che rappresenta un rarissimo esempio di complesso archeologico industriale ben conservato e rivitalizzato grazie alla collaborazione tra pubblico e privato.

Per saperne di più: La Piana dei Mulini

La Pasqua enogastronomica dei molisani 1024 769 Molise Eccellenze

La Pasqua enogastronomica dei molisani

A Natale con i tuoi, a Pasqua con chi vuoi! Ma sempre nel rispetto della tradizione, soprattutto quella enogastronomica. E in Molise, la festa della Resurrezione è davvero un piacere per il palato. Infatti, sono tanti i piatti tipici che vengono preparati con cura a partire da diversi giorni prima del Triduo pasquale. Andiamo a scoprirne 4.

Agnello, cacio e uovo

Si tratta di un piatto che esprime a pieno lo spirito della Pasqua: l’agnello rappresenta il sacrificio di Gesù nel farsi crocifiggere per salvare l’umanità; l’uovo, invece, indica la vita, ossia la Resurrezione. Il suo significato rende questo spezzatino di agnello, arricchito con uova sbattute e pecorino grattugiato, un piatto immancabile in molte tavole molisane.

Frittatona di Pasqua

In Molise è possibile anche realizzare frittate di 100 uova! Sì, avete letto bene. Nella lista dei piatti tipici pasquali molisani, c’è anche la Frittatona da preparare il pomeriggio del Sabato Santo e consumare il giorno di Pasqua. Si tratta di un’usanza diffusa in molti paesi del Molise, anche se, ogni comune adotta delle piccole varianti per quanto riguarda gli ingredienti da adoperare. In genere, non mancano i fegatelli di agnello e il pecorino, ma, in alternativa, è possibile utilizzare la salsiccia tagliata a cubetti e il parmigiano. Il piatto, simbolo di ricchezza familiare e generosità, è anche protagonista di una sagra che si svolge a Montaquila il 30 aprile e il 1° maggio.

Fiadoni salati e dolci

I Fiadoni – detti anche Casciatelli – sono davvero un must della Pasqua enogastronomica molisana. Si tratta di piccoli panzerotti ripieni di uova e formaggio oppure, nella versione dolce, di ricotta.

La pigna

La Pigna, simbolo della morte e Resurrezione di Gesù, è forse il dolce più tipico della tradizione pasquale molisana. È una sorta di panettone a lievitazione lenta, generalmente aromatizzato all’anice e ricoperto da una glassa di zucchero. A differenziare la Pigna molisana dalle altre del centro-sud Italia è l’aggiunta di patate lesse, che rendono l’impasto più soffice.

ArtiSgiani: il calzolaio di TikTok firmato Molise 1024 1024 Molise Eccellenze

ArtiSgiani: il calzolaio di TikTok firmato Molise

“Le materie che studiavo nelle aule universitarie avevano un senso per me solo quando ero nel mio garage/laboratorio privato a smontare, creare, sperimentare, dipingere, scolpire: la manualità e la dimestichezza con gli attrezzi me le ha trasmesse mio padre, grazie al suo sapere infinito ed al suo esempio”. È da qui che nasce la passione o, meglio, la devozione del maestro Antonio Pietromonaco che, con la sua “burbera spontaneità” è riuscito a diventare il calzolaio di fiducia non solo di tanti molisani, ma anche di tanti altri clienti sparsi su tutto il territorio nazionale, arrivando ad avere un seguito di oltre 500mila visualizzazioni su TikTok e una grossa community su Instagram e Facebook.

Ma partiamo dall’inizio. Antonio era solo un diciottenne quando portava a visionare le sue prime creazioni al calzolaio sotto casa: “Ho realizzato il primo paio di scarpe per mia nonna. Le prime creazioni sono nate per i componenti della mia famiglia. Sono partito dalle piccole cose, con attrezzi arrangiati: più progettavo con la fantasia, più creavo materialmente e più il sogno che avevo nella testa si trasformava in qualcosa di tangibile”. Da qui, la rilevazione della vecchia bottega del calzolaio da lui tanto stimato, con la necessità di innovare tutti gli aspetti ed i macchinari più obsoleti, per far sì che uno dei lavori più antichi del mondo potesse stare al passo con i tempi e con le esigenze della contemporaneità, nonché con le richieste di tutti i clienti. “La scelta dei macchinari è stata fondamentale. L’abilità dell’artigiano sta anche in questo, tutti possono comprare una macchina da cucire, ma non è quella che ti permette di creare un pezzo unico. Per farlo occorrono sia capacità di progettazione, di visione, che talento naturale”.

È da un’idea, infatti, che tutto prende forma: un bozzetto “mentale” che diventa prima disegno e, poi, prodotto artigianale; il tutto, passando attraverso la scelta dei pellami, con una predilezione per quelli italiani e per la concia naturale. Infine, la sapiente abilità nel mettere in pratica le tecniche acquisite negli anni per il taglio, la cucitura, fino alla scolpitura sul cuoio, grazie agli insegnamenti appresi all’Accademia delle Belle arti, con l’antica tecnica del “Leather Craft”, che si esegue con i “punzoni” (piccoli scalpelli) e martelli fatti apposta per il cuoio. È dal genio di Antonio che nasce, ad esempio, “la Marsupiella”: una borsa che può essere indossata in 9 modi diversi e che, grazie al sito web dedicato, clienti da ogni parte del mondo possono personalizzare in ogni minimo dettaglio e rendere unica. E lo sa benissimo anche la nota attrice italiana Nancy Brilli: la borsa firmata ArtiSgiani è arrivata, ebbene sì, fino a lei, creando una vera e propria tendenza grazie alla sponsorizzazione sui social.

Il maestro Antonio possiede creazioni in pronta consegna già in bottega, per qualsiasi target ed età, tutte rigorosamente realizzate a mano. Ma la sua vera passione è la customizzazione: cucire un progetto su misura, un accessorio, una borsa, ad esempio per un motociclista, studiata e progettata per la sua esclusiva moto: insomma, un prodotto unico e irripetibile. E poi, ovviamente, la calzoleria. Tra le tante cose, Antonio è specializzato in customizzazioni e risuolature complesse, motivo per cui ha ricevuto il titolo di “Calzolaio Vibram Premium per il Molise”, con tanto di certificazione da parte dell’azienda internazionale Vibram. “I clienti dicono che le scarpe le smonto e le rimonto, riportandole in vita”. Chiaramente, ci sono anche le riparazioni basilari, quelle come il cambiare una gomma, indispensabili per “NON SBATT E MUSS NDERRA” (per non scivolare e non cadere con il viso per terra): è così che Antonio si racconta sui social, con freschezza e spontaneità, portando sul web anche un po’ dialetto molisano e accaparrandosi la simpatia di tutti.

A completare il tutto, la mano della moglie Eufrasia: è lei la social manager di Antonio, che, con la sua coinvolgente energia, si occupa di raccontare, insieme al marito, la quotidianità della bottega, tra fatica e risate. “Marito crea/moglie rompe” è questo il loro ilare slogan: una sorta di Sandra e Raimondo. La chiave di tutto è instaurare un rapporto umano con il cliente, fondato sulla fiducia e sulla totale complicità: un vero e proprio credo, da cui nasce il servizio “#soscalzolaio”, dove Antonio viene contattato quotidianamente sui vari canali social per riparare e risuolare le calzature. Ovviamente, i pacchi arrivano da tutta, ma proprio tutta Italia, per avere un prodotto tutto molisano.

Dalla pelletteria, alle creazioni per il mondo biker, all’equitazione, fino ad arrivare alle rievocazioni medievali e agli accessori di lusso. Il tutto con una particolare attenzione rivolta all’ecosostenibilità: una filosofia di vita e aziendale, sotto il segno del motto “Prima di buttare pensa a riparare”, motivo per il quale Antonio preferisce proprio la concia al naturale per i pellami. Insomma, un artigiano che si prende cura delle calzature “COM Z FACEVA NA VOTA” (come si faceva una volta), ma instancabilmente al passo con la dinamicità dei tempi.

Per saperne di più: Antonio Pietromonaco

Caffè Camardo: un’azienda storica al passo con i tempi 1024 683 Molise Eccellenze

Caffè Camardo: un’azienda storica al passo con i tempi

Caffè Camardo: un’azienda storica, ma sempre al passo con i tempi

Dopo l’acqua, il caffè è la bevanda più diffusa al mondo: sono circa 1,6 miliardi le tazzine che ogni giorno vengono consumate. Tra queste, anche quelle di Caffè Camardo, un’azienda tutta molisana, la cui storia inizia nel 1948. “Durante un viaggio in Sud America, il Cav. Bartolomeo Camardo restò così affascinato dalle coltivazioni di caffè, da aprire a Roma, nel 1951, la Bottega del Caffè. Ritornato, poi, nella sua terra d’origine, il Molise, realizzò una nuova torrefazione garantendo così il futuro alla sua famiglia e contribuendo non poco all’economia locale, tanto che il comune, grato, gli dedicò la via in cui ha sede lo stabilimento.

Da ormai 70 anni, la tradizione di famiglia è sempre la stessa: fare un caffè buono e di qualità tracciabile. Maestri nel selezionare le migliori materie prime e artisti nel creare blend unici di caffè italiano premium, la missione dell’azienda Camardo è diffondere la cultura dell’espresso italiano nel mondo. Lavoriamo nel rispetto della nostra terra e delle relazioni umane, conservando i segreti della tradizione e guardando al futuro”. Un impegno che, attraverso quattro generazioni, ha portato l’azienda ad essere premiata da importanti organismi per la qualità del suo caffè, anche oltre i confini nazionali: negli anni ’70, grazie ai figli Felice e Giuseppe, l’azienda Camardo è stata tra le prime in Italia ad esportare il caffè tostato e miscelato verso i mercati dell’Australia, del Canada e degli Stati Uniti”.

Così, anno dopo anno, Camardo non solo ha attraversato sempre più paesi, ma ha saputo rispondere ai sempre più numerosi cambiamenti dei trend di mercato e delle abitudini di consumo. “Siamo state tra le prime aziende in Italia a credere nel monoporzionato in cialda E.S.E, una modalità di preparazione del caffè in casa molto più facile e veloce.

Negli anni ’90, abbiamo investito in tecnologia e innovazione, creando la cialda Caffè Camardo che, grazie al suo inconfondibile aroma, ha riscontrato immediato successo tra i consumatori e gli addetti ai lavori, diventando uno dei prodotti Camardo più amati e premiati.

Il passaggio al monoporzionato risponde alle nuove esigenze e ai nuovi ritmi dei consumatori che non vogliono rinunciare alla qualità di una buona tazzina di caffè, ma che ricercano nuovi modi di preparazione più in linea con le crescenti esigenze della vita quotidiana.

La preparazione di un caffè con una cialda Camardo è più facile e veloce rispetto a una moka tradizionale e da oggi anche più rispettosa dell’ambiente, perché si può smaltire nell’organico grazie alla certificazione di compostabilità ottenuta dall’ente TUV Austria.

Oltre alla cialda, Caffè Camardo ha introdotto sul mercato le nuove capsule compatibili con i sistemi più venduti, Nespresso*®, Dolce Gusto*® e Lavazza A Modo Mio*®.

Per rendere possibile un consumo sostenibile, abbiamo realizzato capsule che si smaltiscono nell’umido ottenendo certificazioni di compostabilità. Tutte le nostre novità di prodotto rispondono alla volontà di Caffè Camardo di orientarsi sempre più verso una produzione e un consumo sostenibili, nel rispetto dell’ambiente e della persona.

Caffè Camardo è un’azienda storica, ma sempre al passo con i tempi e che oggi si contraddistingue per l’utilizzo di energie rinnovabili e l’inserimento di prodotti biologici e ecosostenibili”.

Tra i fiori all’occhiello dell’azienda, la miscela Caraibico Master Baristi®: un caffè di “qualità premium che nasce dall’esperienza di oltre 70 anni di conoscenza e amore per il caffè. È un blend composto prevalentemente da caffè Arabica pregiati e che, grazie a un lento processo di tostatura e a una selezione ottica bicromatica innovativa, acquisisce caratteristiche organolettiche dal gusto armonioso e vellutato. La dolcezza dei suoi chicchi lo rende amato soprattutto dai veri intenditori che il caffè lo gustano senza zucchero.

Il tipo di confezionamento in latta hi-tech garantisce un elevato standard di conservazione della materia prima e la tipologia di imballo assicura la migliore tenuta alla barriera dall’ossigeno e assenza di odore”.

Dunque, una vera Molise Eccellenza, la cui passione per il caffè si esprime “non solo in tutte le forme in cui viene preparata la bevanda, ma anche attraverso l’Accademia del Caffè, fondata venti anni fa per trasferire la conoscenza del caffè al mondo professionale e agli amanti del caffè”.

Per saperne di più: Caffè Camardo

Musei a cielo aperto a Campobasso 1024 683 Molise Eccellenze

Musei a cielo aperto a Campobasso

MUSEI A CIELO APERTO A CAMPOBASSO: LA STREET ART NEL QUARTIERE SAN GIOVANNI

Colori sgargianti e figure tridimensionali, che sembrano quasi prendere vita, hanno sopraffatto ormai da qualche anno l’anonimo grigio originario delle mura dei palazzi di alcune zone del capoluogo. Impossibile per i passanti non alzare lo sguardo per, poi, rimanere catturati dalla bellezza di un vero e proprio museo a cielo aperto.

Dal 2011, infatti, il progetto “Draw the line”, promosso dall’Associazione Malatesta, ha permesso la riqualificazione delle facciate di alcuni edifici del quartiere di San Giovanni attraverso la popolare street art, con artisti come Dado, Vesod, Joys, Macs, Peeta e altri.

“Peeta lettering” di Peeta – 2016

Nel 2016, Manuel Di Rita, in arte Peeta ha realizzato la sua opera “Peeta lettering” sulla facciata di un edificio in via Liguria, entrata nella classifica dei primi venti murales più belli al mondo. Nel mezzo del prato adiacente al palazzo, vi è un paletto che indica agli osservatori il punto preciso da cui poter ammirare l’opera. L’artista ha svolto un certosino studio geometrico per realizzare un virtuosistico effetto anamorfico sul palazzo; il disegno non si limita soltanto alla facciata cieca, bensì si estende anche sulla parte laterale destra, dove le finestre diventano un tutt’uno con l’illusione ottica del disegno. E non è tutto: qualche anno fa, sulla rivista ufficiale della American Airlines, grande compagnia aerea statunitense, il capolavoro di Peeta ha colpito gli occhi dei lettori in viaggio, cosa che non è sfuggita ad un campobassano in particolare: il caso ha voluto, infatti, che venisse a conoscenza della presenza degli scorci campobassani sui voli intercontinentali di American Airlines proprio da parte di un suo amico in viaggio verso New York.

“La cuccagna” – 2017

Una metafora spettacolare e cruda degli effetti del capitalismo, come si deduce dal nome del murales scelto sicuramente non a caso. Nella parte superiore campeggia una giostra dorata, simbolo dell’opulenza, che gira senza sosta, insieme a banconote di grosso taglio, lingotti d’oro e beni di lusso. Non a tutti è concesso di raggiungere questa dimensione di privilegio, come si vede nella parte inferiore, in cui gli spietati tutori dell’ordine controllano scrupolosamente gli accessi. Un marchingegno lussuoso e sfavillante alimentato dal lavoro forzato di sfruttati e oppressi, come si deduce nella parte centrale dell’opera: è il rosso a dominare questa parte del disegno, simbolo di schiavitù e di fatica. Al di sotto di tutto, trovano sfogo tutte le scorie e le sostanze inquinanti prodotte dagli eccessi della grande giostra: una chiara e amara considerazione sull’inquinamento.

“It’s not a game” di Macs – 2017

Un quartetto delle più alte personalità politiche mondiali che giocano a Risiko con il pianeta. “Non è un gioco”: una scelta del titolo sicuramente non casuale da parte dell’artista, un invito alla riflessione.